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Produzioni Fuorivia e Teatro Stabile di Torino - Teatro Nazionale presentano

«Bisogna avere occhi, cervello e coraggio da spendere»

GIUSEPPE CEDERNA

in

Da questa parte del mare

da GIANMARIA TESTA

regia di Giorgio Gallione

elementi scenografici: Lorenza Gioberti

luci di Andrea Violato

 

Un ringraziamento a Alessandra Ballerini e Marco Revelli per il loro contributo nella stesura del testo

 

Produzioni Fuorivia / Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale

In collaborazione con Teatro dell’Archivolto

ESTRATTI STAMPA

Noi e i migranti, per riflettere anche « Da questa parte del mare »
Da questa parte del mare. Lo spettacolo, tratto dal libro del compianto Gian maria Testa (Che già nel 2006 aveva affrontato il tema della migrazione con un album insignito del premio Tenco) e interpretato da Giuseppe Cederna, si focalizza su quello che c'è da questa parte, appunto, del Mediterraneo, nella zona dove guerra e povertà arrivano solo riportate da messaggeri silenziosi che ogni giorno approdano in Europa rinvenendo nella stessa, al netto degli egoismi, del razzismo, dell'indifferenza, ancora una - se non la - Terra promessa. Chi sono questi uomini, chi queste donne? Passando da una storia all'altra Cederna ci racconta di come queste vite si mescolino, si intreccino alla nostra. Quando, per esempio, siamo turisti in un'isola greca - Patmos - e per caso ci imbattiamo in un gruppo di migranti, composti, seduti per terra vicino al porto. Quando - è successo a lui, l'interprete – la polizia ci tira malamente per un braccio, scambiandoci per uno di loro, e la nostra reazione, immediata, di stizza, ci fa vergognare di fronte a loro, facendoci immediatamente capire che siamo uguali, è vero, ma anche profondamente e ingiustamente diversi (al pubblico sembra di sentire il proprio stesso braccio bruciare). Perché noi abbiamo una casa, un compagno o una compagna, una famiglia, un lavoro. Loro no: se la loro casa fosse ancora una casa non sarebbero partiti, se la loro casa non si fosse trasformata in «bocca di squalo» e se non avessero percepito che «la terra è meno sicura del mare» non si sarebbero imbarcati mettendo a repentaglio le vite dei loro stessi figli. Il Mediterraneo c'è, è presente in scena, è una pozza dove l'attore (che tra l'altro ha recitato in Mediterraneo di Salvatores) immerge i piedi, fa scorrere barche: ma il mar Mediterraneo è soprattutto una barriera psichica, un muro divisorio che ci separa da loro e che noi non vogliamo vedere, che ci si para davanti di colpo.

Laura di Corcia

La casa brucia sull'altro lato del Mediterraneo
Dicono gli antropologi che la retorica delle «radici», sempre usata come arma contundente ideologica nei confronti di chi non condivide i nostri stessi tratti storici è solo un altro degli imbrogli che giustificano le sopraffazioni. L'umanità ha i piedi per muoversi e spostarsi, non filamenti infissi nel terreno. Il resto è veleno identitario. Nessuno lascerebbe la propria casa, a meno che non sia la tua stessa casa a gridarti che devi fuggire perché arriveranno quelli con le lame e il fuoco a bruciare tutto. Ogni altro posto può essere più sicuro. Questo è il senso dell'emigrazione e delle onde umane che cercano di passare il Mediterraneo. Perché la loro casa brucia. Questo in estrema sintesi potrebbe essere il senso di uno spettacolo lirico e ruvido come Da questa parte del mare […]
[…]
Il titolo è quello del libro (e di un disco a monte del tutto) che Gianmaria Testa ha lasciato come estremo dono prima di andarsene, un anno fa, un libro che incrociava storie personali e storie di chi è dovuto emigrare per forza. Storie aspre e bellissime […]
In scena sassi, un simbolico contorno di terra che abbraccia uno specchio d'acqua simulacro di «mare nostrum». Cederna è e non è al contempo la voce di Testa, affiorante con lacerti accennati di canzone: è la voce scheggiata di quelli che non hanno voce […] della sindaca di Lampedusa e di Agnese di Palermo, la «grande madre mediterranea» È LA VOCE che accoglie tutti […] GIÀ, UNA CASA: forse è questo il cuore di Da questa parte del mare , uno spettacolo che dovrebbe girare anche nelle scuole […].

Guido Festinese
Il Manifesto – 6 maggio 2017

La collaborazione tra Giuseppe Cederna sul palco e Giorgio Gallione alla regia non poteva che garantire uno spettacolo di grande efficacia e profondità.[…] […] All'attore romano va riconosciuto il merito di avere offerto una recitazione impeccabile in grado di catalizzare l'attenzione del pubblico e a gestire come un regista in scena una narrazione che alterna voci e personalità distinte in un continuo campo e controcampo che ha quale elemento costante un mare che salva e insieme danna. Il successo è stato pieno come comprovano gli scroscianti applausi di un uditorio realmente emozionato che, oltre a Giuseppe Cederna e a Giorgio Gallione, ha esteso grande calore all'affettuoso ricordo di Gianmaria Testa.

Gabriele Benelli
www.sipario.it - 29 aprile 2017

[…] Una matassa scura e fitta avvolge l'intero palcoscenico all'alzarsi delle luci. Nero e grigio scuro o grigio petrolio, a tratti blu, sono decisamente i colori dominanti di questa produzione. Attraverso un'esile tenda, Giuseppe Cederna si insinua in questo garbuglio, proiezione che in qualche modo suggerisce e si fa icona dei tanti fili narrativi che man mano si svolgono tra parole e piccole azioni. Cavalcando una sedia, sedendovisi di lato, mettendo i piedi in una pozzanghera-mare al cui centro un sasso-scoglio indica Lampedusa, l'attore ci accompagna dentro un preciso sguardo, rivolto a decifrare la tensione che tante vite umane genera, a guardare in faccia il senso del migrare contrapposto a quell'esperienza altra che viviamo da viaggiatori al che il mare nostrum lo percorrono in direzione opposta […] […] Gallione taglia e ricuce il materiale del libro per una tessitura affacciata soprattutto sul mare, per far emergere quest'altro protagonista, il Mediterraneo. Mescolando i fatti della contemporaneità, […] cantato e recitato si amalgamano e si intersecano, perché le canzoni proseguono il racconto o lo precisano. Sono veraci interventi che sanno di sale, di vento, di strade, di sole cocente, restituiscono visione e materia alle figure evocate dalle parole. […] […]Un episodio scivola nell'altro in una colatura di vicende umane che si assomigliano e si associano a dipingere un grande quadro fatto di molte tinte diverse, ma tutte sporcate da quel liquame misto a petrolio, nero o bluastro, in cui tanti migranti muoiono avvelenati prima ancora di arrivare a destino. Un poetico languore triste attraversa questo spettacolo che, come un cantico dedicato a creature perdute, celebra un cantore e il suo pensiero, abbracciando passato e presente di una vasta umanità, attraversata ora per caso ora con intenzione, mai con indifferenza.

Laura Santini
www.mentelocale.it
28 aprile 2017

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