home
home

Nel mare della programmazione estiva di jazz il festival di Vignola resta un esempio di eccellenza, sia nella direzione artistica che nella organizzazione complessiva, capace di integrare la bellezza e l'ospitalità del territorio con le sue risorse. Non solo quelle legate alle degustazioni dei prodotti alimentari tipici (come Jazz & Food) ma anche le iniziative di studiosi come Luciano Bosi, che offre al pubblico una delle massime raccolte di strumenti a percussione esistenti in Europa. (http://www.qualepercussione.it/) Giunto alla sua XIX edizione (dal 22 al 24 giugno, in Piazza dei Contrari) “Jazz In'it” presentava anche l'originale progetto di Annette Peacock e Roberto Dani, un workshop di Giancarlo Schiaffini (presente anche sul palco in un paio di occasioni) ed il quartetto di Gabriele Mirabassi, che presentava in anteprima il nuovo disco Canto d'ebano. Prima del suo set, sabato 23 giugno, s'è esibita la dinamica e spigliata New Union Jazz Band, un'orchestra di diciotto elementi che raccoglie alcuni dei migliori giovani jazzisti delle province di Modena e Bologna. Diretta da Marco Ferri, la formazione ha presentato alcuni classici di Duke Ellington eseguendo con perizia noti brani di Duke Ellington (da “Ko Ko”, a “In A Sentimental Mood”, da Take The A Train” a “In A Mellow Tone”). Sul finale s'è unito a loro anche Schiaffini al trombone. Nella seconda parte della serata, stemperata da una fresca brezza, il clarinettista Gabriele Mirabassi (per l'intervista clicca qui) ha presentato in anteprima i brani del suo disco che uscirà in ottobre per l'etichetta Egea.
Lo accompagnavano il notevole contrabbasso di Salvatore Maiore e gli ottimi Roberto Taufic alla chitarra e Francesco D'Auria alla batteria. Mirabassi continua a coniugare in modo splendido il versante colto e quello popolare, in uno stile assolutamente personale che si colloca trasversalmente ai generi ed offre una musica di alto coinvolgimento emotivo per l'aspetto cantabile, la ricchezza delle inflessioni timbriche e la profondità della ricerca.
Questa dimensione, che era già presente nei suoi primi dischi, s'è accentuata con l'infatuazione per l'universo musicale brasiliano, prima con la “scoperta” di Pixinguinha e del choro e poi con quella di Guinga. In quest'organico il suo clarinetto acquista un ruolo nuovo nelle relazioni con la chitarra acustica da un lato e con le percussioni dall'altro. Mirabassi ha così modo di alternare la componente melodica a quella ritmica all'interno dei vari brani.

Accanto ai temi originali che entreranno nel nuovo disco (un mix di momenti esuberanti come “Arrivederci e grazie” e altri radiosi e toccanti come ”Canto di Ebano”) abbiamo ascoltato brani che abitano da tempo nel cuore di Mirabassi, come “Cheio De Dedos” di Guinga, eseguita splendidamente come un pezzo classico, senza parti improvvisate. Nel corso della serata il clarinettista perugino ha piacevolmente svolto un ruolo “didattico” spiegando tra un brano e l'altro gli aspetti della sua musica ed i riferimenti che intrattiene con l'universo artistico brasiliano. Frutto della sua ricerca in quell'immenso patrimonio espressivo erano altri brani di compositori a noi ignoti ma anche popolari come Chico Buarque.
Di quest'ultimo in particolare abbiamo ascoltato un'ammaliante versione di “Valsa brasileira”, un toccante valzer eseguito in trio senza batteria: un ulteriore esempio dell'inventiva e della profondità poetica del clarinettista umbro.
Il concerto è terminato con l'ingresso nel gruppo del fratello di Roberto Taufic, Dudu, in un'appassionante versione di “Um a Zero” di Pixinguinha.

Foto di Claudio Casanova