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NADA MALANIMA

in

SCOMPAGINE

di Nada Malanima

regia di Alessandro Fabrizi
luci e oggetti scenici di Andrea Violato
Costumi di Antonio Marras

ESTRATTI RASSEGNA STAMPA

“Sembra un caso clinico, ma per chi la ascolta seduto di fronte a lei, non lo è poi tanto. La capisce. Ci si riconosce: una donna che cerca di vivere se stessa, a dispetto di un mondo che la vuole diversa, che la vuole “normale”. Una donna che vorrebbe amare ed essere amata e cercare di realizzare i propri sogni, semplicemente. Un monologo di grande effetto. Recitato, vissuto, senza esitazioni, che scorre liscio, che coinvolge, che fa sorridere e che commuove. Bravissima Nada, una bella sorpresa, davvero, senza incertezze dentro fino in fondo al suo personaggio, in ogni singola piega del volto e della sua anima”.

Nicoletta Lucheroni
www.quotidianopiemontese.it – 9 marzo 2015


“In Scompagine dunque una donna, Nada, è in attesa; in attesa di qualcosa — ed anche qui viene da pensare a Beckett — che probabilmente non arriverà mai. Inchiodata ad una poltroncina racconta una vita, la sua: amori e terrori, viaggi reali e immaginari, quattro uomini neri, un matrimonio spento, le cure, gli ospedali. Seduta sulla sua poltroncina motorizzata Nada conquista la scena e vi scorrazza, mettendoci a confronto con una vita davvero vissuta: pericolosamente, gioiosamente, ineluttabilmente.”

Roberto Incerti
La Repubblica / Ed Firenze – 29 gennaio 2015


“Fra il monologo, il dialogo e la commedia drammatica, la pièce Scompagine, sottolinea ancora una volta il talento di una fenomenale artista toscana, capace di passare con naturalezza e uno stile riconoscibile da cantante di talento a performer cult, da scrittrice intrigante ad attrice impegnata. Nada Malanima spiazza ancora una volta piacevolmente il suo pubblico, confermando di non essere solo un pulcino con la voce di un leone, ma un artista a tutto tondo capace di esaltare la sua versatilità in varie direzioni. Una declinazione davvero interessante è questo suo testo, che la stessa Nada recita in scena […] Uno spettacolo che illumina un personaggio femminile sopra le righe, idiosincratico, e umanissimo.”

Giovanni Ballerini
QN – 28 gennaio 2015


“Un dramma inarrestabile che la vede degna interprete di un racconto sconvolgente, dalla drammaturgia intensa ed elegante, duro fino alle ossa stanche, amaro come i pensieri bruciati dall’aria gelida dell’ospedale psichiatrico, dove la protagonista che incarna è ricoverata. Il tempo sembra eterno e senza scorrimento alcuno, le finestre non hanno spifferi, tutto è fermo in questo luogo di permanenza forzata, atmosfera meticolosamente resa anche dalle misurate scenografie, che ben risaltano il clima di freddezza emozionale e la presenza esclusiva dell’attrice sul palco. Eccola incombere sulle scene seduta su una poltroncina motorizzata, vagando le quinte scarne di un ambiente da cui si sente costantemente osservata, ma la platea è tutta sua, un’attenzione fluttuante avvolge la sala conquistata dalle tristi vicende che sembrano averla segnata nel profondo. Il suo si presenta, fin dalle prime battute, un curato ed originale soliloquio che percorre i meandri più segreti e nascosti della storia del suo soggetto, la cui unica compagna è un’amica invisibile, inconsistente visione di un’altra lei, la sua intima allucinazione con cui intrattiene un legame di amore e odio senza fine. Un lavoro preciso e studiato nei dettagli quello di Nada, inscenato senza sbavature ma con estrema umanità, perfino ironico nella sua drammaticità. […] Con estrema lucidità e bravura Nada riesce in questa dissennata metamorfosi, dando voce al caso clinico che con accurata enfasi impersona e che azzarda con audacia l’ultima chance possibile, ‹‹diventare sana pur sentendosi malata››. Affranta e tormentata dalla paura di essere ancora maciullata e spremuta viva, decide di rimettere lei stessa a posto ogni cosa, perché non si possono aprire le teste della gente per risolvere i problemi dell’anima, lei è più di ‹‹un individuo studiato per essere capito››. E allora meglio sottrarsi a questa sfida verso l’ignoto che gli stessi dottori non interrompono e non sanno alleviare. Fregandosene rabbiosamente ingannerà tutti, anche se stessa forse, ma è stanca di essere ‹‹una prigioniera del futuro››. Esala l’ultimo grido di ribellione e si dissocia dai manuali diagnostici degli analisti, poiché l’ha imparato a caro prezzo, a volte è meglio ‹‹smettere di sentire e vedere tutto come un quadro››”.

Mara Marchi
Corrieredellospettacolo.it – 03 febbraio 2015